понедельник, 13 июня 2011 г.

Le parole degli organi

La via del nervo vago. La comunicazione interna. Centinaia di molecole diverse portano messaggi tra le cellule. Scambi intensi tra i sistemi immunitario, nervoso e ormonale


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Per la prima volta nel 1975, con i lavori di Hugo O. Besedovsky, si dimostrò che nel corso di una reazione immunitaria, si hanno modificazioni
endocrine. Per spiegarle si ipotizzò che dalle cellule immunitarie partissero segnali capaci di giungere fino al cervello e, da qui, al sistema centrale di regolazione degli ormoni che già allora si sapeva essere nel cervello. Quei segnali immunitari ipotizzati - e molto altro - si scoprirono negli anni successivi (le citochine) e si vide che alcune sono in grado di indurre modificazioni biologiche rilevanti sia a carico dei principali sistemi neuroendocrini, soprattutto quello dello stress, sia a carico dei più importanti sistemi di neurotrasmissione cerebrale. La interleuchina-1 (IL-1) in particolare è un potente attivatore del sistema dello stress, di quello della crescita e della prolattina, mentre inibisce il sistema tiroideo e sessuale. Al tempo stesso, agisce sui principali neurotrasmettitori, con incremento del metabolismo e quindi del consumo di noradrenalina, dopamina e serotonina. Le modificazioni biologiche descritte spiegano le modificazioni comportamentali e umorali in corso di infiammazione.

Ma sollevano due domande: come arrivano le citochine dentro il cervello, organo isolato dal resto del corpo per la presenza della barriera emato-encefalica? Il cervello è solo un bersaglio, oppure è anche un produttore di queste sostanze immunitarie?

Le citochine seguono due vie: una con la circolazione sanguigna, e l'altra nervosa, soprattutto tramite il nervo vago.

La via nervosa è rilevante per i segnali che porta al cervello dall'apparato gastrointestinale, dal fegato in particolare, come luogo cruciale della risposta infiammatoria. Al tempo stesso, il vago, dopo aver portato il messaggio al cervello, retroagisce sulla fonte. Ci sono numerosi studi, infatti, che segnalano il ruolo antinfiammatorio del vago sul fegato.

La via sanguigna è quella che porta le sostanze immunitarie circolanti a contatto con la barriera emato-encefalica, che però, se non è infiammata, non le fa passare.

Allora come è possibile che se ne trovino nel cervello? Il cervello produce queste sostanze tipiche del sistema immunitario? In effetti, è dimostrato che alcune sostanze immunitarie vengono normalmente prodotte nel cervello.
Soprattutto il "cuore" del nostro cervello o, se volete, la "scatola nera", (l'ipotalamo, l'ippocampo, il talamo, i gangli della base) normalmente, produce e utilizza basse quantità di sostanze immunitarie, le quali quindi entrano nei normali processi di attivazione cerebrale. Questa influenza dell'immunità sul cervello spiega depressione, malessere, stanchezza in corso di infiammazione.

Gli organismi viventi, e quelli animali in particolare, presentano una grande diversità interna. Tessuti e organi molto dissimili (basti pensare al cervello, al fegato, alla pelle) convivono nello stesso organismo. Questa diversità come riesce a formare un'unità? Per molto tempo, la medicina e la filosofia hanno invocato principi immateriali (anima, principio vitale) per spiegare l'unità di questa grande diversità. Successivamente, si è pensato di trovare l'unità nelle cellule e nel DNA. L'organismo è una entità unitaria, si dice, perché è composto dagli stessi mattoni fondamentali: cellule e geni. Una risposta che spiega poco, perché per trovare l'unità elimina la diversità. Non risponde cioè al quesito: come stanno insieme fegato e cervello e cioè due organi composti da cellule molto diverse e da un'espressione degli stessi geni decisamente dissimile? La ricerca più recente cerca l'unità nella comunicazione interna. Che tipo di comunicazione si stabilisce tra i vari reparti dell'organismo? Che lingua si parla dentro un vivente? C'è una lingua unitaria o predominano le lingue locali?

Recentemente è stato dimostrato che i neuroni possono produrre interferoni alfa e beta, ovvero sostanze immunitarie, particolari, utili nel combattere le infezioni virali. La scoperta fa seguito alla dimostrazione, vecchia ormai di anni, della produzione nel cervello di altre sostanze immunitarie collettivamente battezzate neurochine, che significa citochine nervose. Difendono il cervelllo dai patogeni. Ma non solo: sembra che promuovano la crescita e la riparazione di tessuto danneggiato, funzionando cioè come fattori di crescita nervosi. Le stesse neurochine poi sono state trovate anche in tessuti non nervosi: nel muscolo scheletrico, nel muscolo cardiaco, nella placenta.
Anche le cellule immunitarie possono produrre sostanze nervose, come i neurotrasmettitori e i neurormoni, e le ghiandole ormonali possono produrre sostanze immunitarie e nervose. Infine, anche le cellule più "umili", come le epiteliali, le adipose e le connettivali producono normalmente ormoni e citochine.

In breve, la ricerca sta identificando la lingua che usa l'organismo umano per stabilire la comunicazione tra cellule, tessuti e organi, strutturandosi così come unità vivente. È una lingua con una grammatica unitaria ed essenziale, senza sperperi.

La stessa molecola, per esempio l'acetilcolina, è il neurotrasmettitore della memoria e quello del movimento. La serotonina è il raffinato regolatore dell'umore e e dei movimenti intestinali. Infine, una "parola" può trasformarsi, con una semplice reazione chimica, nel suo opposto: da ormone maschile a ormone femminile (da testosterone ad estradiolo), da neurotrasmettitore eccitatorio a inibitorio (da glutammato a gaba) e così via.

La sintassi di questa lingua interna segue una regola fondamentale di tutte le lingue: è il contesto che dà il significato alle parole e che struttura le frasi. Fuor di metafora, questo vuol dire che non si può comprendere l'attività nervosa senza vederla relazionata alle influenze del sistema immunitario e degli altri sistemi. E viceversa.

Per spiegare l'influenza del cervello sul fegato e viceversa, Ippocrate e Galeno parlavano di "fenomeni simpatici". Molti anni più tardi, alla fine del XVIII secolo, studiosi francesi che si definivano medici-filosofi, capeggiati da François Xavier Bichat e da Pierre Jean Georges Cabanis, riprese questo concetto sottoponendolo a verifica scientifica. Da questi studi è emersa una visione sistemica dell'uomo e una concezione unitaria della scienza. Purtroppo, nel corso dell'Ottocento e del Novecento, avranno la meglio altre visioni, riassumibili nell'idea del patologo tedesco Rudolf Virchow dell'organismo come "federazione di cellule", vere e proprie entità autonome e autosufficienti (monadi), che si aggregano in un organismo. La malattia diventa così una patologia della cellula, la terapia sempre più locale, lo sguardo medico sempre più ristretto e parcellizzato, la lingua interna frantumata in mille dialetti. Nel Novecento, riemerge lo studio del linguaggio unitario del vivente. In queste pagine offriamo un po' di storia e alcuni esempi.
Autore: Francesco Bottaccioli
 Come funzionano i neuroni del nostro cervello?
La registrazione mnestica è il risultato di una reazione elettrica e di un processo biochimico che avvengono nel cervello. Alla base di tutto ci sono i neuroni, cellule nervose formate da un tratto allungato detto assone da quale partono degli impulsi, e dai dendriti, prolungamenti ramificati che diffondono gli impulsi agli altri neuroni.
Ognuno di questi si comporta così come un cervello in miniatura, in pratica come una piccola rice-trasmittente. Gli impulsi elettrici emessi dal neurone si propagano attraverso le sinapsi (spazi esistenti fra i dendriti e gli assoni, vedi le memorie e le sinapsi) mediante speciali sostanze chimiche, prodotte dai neuroni stessi, chiamate neurotrasmettitori o mediatori – sono circa 40, tra cui la noradrenalina, la dopamina, l’acetilcolina – e in questo modo il cervello codifica, classifica, archivia ed elabora informazioni. Perciò, spiegano oggi i neurofisiologi, a ogni memorizzazione corisponde una modificazione chimica delle cellule celebrali.
“Se una quantità sufficiente di sostanza chimica raggiunge il neurone successivo, questo a sua volta emette un impulso” spiega Eric Kandel, della Scuola di medicina e chirurgia della Columbia University di New York, che con la sua équipe sta studiando i processi dell’apprendimento, della memoria e del ricordo per capire meglio come funzionano i neuroni del nostro cervello, in un organismo semplice come l’Aplysia, una lumaca marina.
“Se invece la sostanza chimica che passa tra un neurone e l’altro è troppo poca, il secondo neurone produce un debole segnale o non ne produce affatto.”
Quest’ultimo caso si verifica nei momenti di assuefazione, di ripetitività, nella mancanza di forti emozioni. Al contrario durante la scarica emotiva passa una maggior quantità di conduttore chimico, provocando così un segnale di spinta, quasi un’ “accensione” di cellule o una piccola serie di “fuochi d’artificio” dentro il cervello. Insomma le forti emozioni “fissano” i ricordi e li “saldano” alle cellule grazie alle trasformazioni biochimiche delle loro proteine (vedi emozioni e ricordo. Che nesso c’è?), mentre il DNA funzionerebbe da “nastro” di registrazione. Tali forze selettive nell’organizzazione della memoria si identificano dunque con le pulsioni e con gli aspetti emotivi-affettivi e motivazionali che regolano la vita degli individui (vedi come funzionano i ricordi e le emozioni?). Del resto questo rende ragione del contributo che la psicanalisi, come metodo di studio delle funzioni mentali, ha portato a questo processo spiegando bene come funzionano i neuroni del nostro cervello.

domenica, 24 maggio 2009

Tre fiammiferi accesi
uno per uno nella notte:
Il primo per vederti tutto il viso
Il secondo per vederti gli occhi
L'ultimo per vedere la tua bocca
E tutto il buio per ricordarmi queste cose
Mentre ti stringo fra le braccia...
Areagratis host

L’umore: può essere condizionato dall’intestino?

di Elisabetta Fumagalli
Un vecchio detto popolare dice ” Quando c’è l’appettito e l’intestiono funziona, al diavolo le medicine e chi le vende”!  Questo detto ci insegna che quando tutto funziona bene, non sono necessarie medicine e cura. Ma quando l’intestino comincia a fare le bizze? L’umore diventa nero, tutto va storto e ovviamente dobbiamo fare una visita dal nostro medico.
Il legame fra umore nero ed intestino irratato non è solo uno spot pubblicitario per far vendere intrugli magici, ma una ricerca della MacMaster University ha rivelato per la prima volta una influnza diretta della flora batterica sulle reazioni chimiche del cervello (chimismo) e del comportamento. E’ noto che alcune malttie gastrointestinali, come la sindrome del colonirritabile, sono spesso associti a disturbi di ansia e depressione.  Nell’intestiono di molte persone vivono migliaia di miliardi di batteri che svolgono le funzioni più disparate e concorrono a mantenere il buono stato di salute.
I ricercatori hanno condotto lo studio su topi adulti, mostrando che l’alterazione del normale contenuto batterico mediante antibiotici determna cambiamenti comportomantali nei topi diventando più cauti o ansiosi. Inoltre, il cambiamento comportamentale era associato anche ad un aumento del livello cerebrale di un fattore neurotrofico derivato (BDNF), proteina che si trova nel cervello utile nella crescita neuronale.
La sospensione degli antibiotici , ha portato alla normaizzazione della flora batterica e di conseguenza anche dei livelli di proteina nel cervello.
I ricercatori della MacMaster University, hanno confermato il loro studio , colonizzando l’intestiono sterile di topi con flora batterica di topi con diversi schemi comportamentali. Hanno evidenziato che i topi colonizzati con flora batterica di topi con comportamente altamente esplorativo, diventavamo più audaci e attivi.  Analogamente, topi normalemnte attivi diventavano più passivi dopo essere stati colonizzati con flora batterica il cui patrimonio genetico era associato ad un comportamento passivo.
I ricercatori hanno osservato che per quanto siano molti i fattori che dertminano il comportamento, anche la natura e la stabilità dei batteri intestinali influiscono su di esso e che qualsiasi alterazione (dovuta ad antibiotici od infezione) può cambiarne l’umore ed il comportamento. Questi risultati possono essere le basi per capire e per studiare il potenziale terapeurico dei batteri probiotici nel disturbo del comportamento, in particolare quelli associati alla sindrome del colon irritabile.

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